Gli Igbo vivono nel sud-est della Nigeria rappresentandone il 18% dell'intera popolazione (terzo gruppo etnico del paese con circa 20 milioni di persone).
Sebbene la maggior parte degli Igbo sia cristiana, la cultura tradizionale degli Igbo è ancora attuale e confermata da tutte le fedi professate nel territorio.
La società Igbo risente ancora del sistema castale abolito per legge nel 1956 che divideva la popolazione in tre categorie di persone: diala, ohu e osu. I diala erano i 'nati liberi' e godevano di tutti i privilegi sociali mentre gli ohu erano invece schiavi catturati presso altre etnie oppure persone Igbo ridotte in schiavitù per crimini commessi o debito non onorati; appartenevano ai diala che ne disponevano in toto, sia come forza lavoro sia per essere venduti ai bianchi o per essere sacrificati in alcune cerimonie o sotterrati vivi assieme al funerale del loro padrone. Gli osu invece erano di proprietà di divinità tradizionali e vivevano separati dal resto della comunità, occupandosi della manutenzione del santuario della divinità alla quale appartenevano.
Osu si diveniva in quanto offerti alla divinità da un diala che offriva un suo schiavo ohu o un membro della sua famiglia in cambio di una richiesta particolare come la nascita di un figlio maschio, la guarigione da una malattia o un raccolto abbondante. Si poteva divenire osu anche offrendosi spontaneamente alla divinità e divenendone suo schiavo, per sfuggire ad esempio da una pesante condanna per crimini commessi.
La divisione tra i membri delle tre caste era estremamente rigida ed ancora oggi i discendenti di ohu e osu non possono parlare durante le assemblee comunitarie o sposare un discendente dei diala.
Tradizionalmente, la società Igbo è patriarcale: ad esempio, il diritto alla proprietà è patrilineare e clanica: un clan riunisce diverse famiglie con un antenato
maschio comune. Le riunioni del clan si chiamano umuada (per le donne) e umunna (per gli uomini) e si basano su fasce di età: una sorta di associazione tra adulti della stessa
età, finalizzata all'aiuto reciproco e alla risoluzione di problemi della comunità.
Oggi, la maggior parte degli Igbo è cattolica, ma molti praticano ancora il sincretismo con Odinani (la religione tradizionale). Il festival principale nel paese di Igbo è Iri
Ji (il festival dell'igname).
Tra gli Igbo, la noce di cola (Oji, in Igbo) è di particolare importanza: è presente sui tavoli in tutti i principali eventi (matrimoni, riunioni di famiglia, battesimi) in cui è
suddivisa in tre parti (cerimonia del 'Iwo Ji) e distribuito agli ospiti.
Anche se oggi molti Igbo sono cristiani, è ancora molto forte l'influenza della religione ancestrale, conosciuta con il nome di "Odinani". Nella mitologia Igbo, il Dio supremo si chiama Chukwu ("grande spirito"); Chukwu ha creato il mondo e tutto ciò che contiene ed è associato a tutte le cose che esistono sulla Terra. Per gli antichi Igbo, il cosmo era diviso in quattro parti: Okike (Creazione), Alusi (forze soprannaturali o divinità, come Agwu Nsi, dea della divinazione), Mmuo (gli spiriti) e Uwa (il mondo).
Chukwu, il "Grande Dio", troppo distante dal mondo umano, designò varie altre divinità più vicine all'umanità. Questi ultimi sono gli unici ad essere venerati e rappresentati. Generalmente personificano elementi naturali, come il tuono, il cielo, il sole, le foreste o i fiumi, i mercati e i giorni di mercato della settimana, la guerra, etc.
La Terra (Ala o Ani) è la principale di queste divinità e la più spesso resa in statuaria, mentre Agwu Nsi, la dea della divinazione, svolge un ruolo vitale come mediatrice tra l'universo di questi spiriti della natura e quello dell'uomo. Questo pantheon, con le sue innumerevoli entità, è rappresentato da una varietà di figure chiamate alusi che sono conservate, o si potrebbe addirittura dire "esposte", in altari o santuari terrestri speciali chiamati mbari .
Gli spiriti degli antenati, d'altra parte, potevano essere incarnati solo attraverso l'idi mmuo, un termine che letteralmente significa "testa dello
spirito", ma che può essere approssimativamente tradotto come "maschera". Inoltre, la manifestazione di questi personaggi tra i vivi si chiama mmanwu. Si ritiene che il defunto
incarnato, il mmanwu, irrompa dal mondo spirituale ctonio, attraverso un tumulo di termiti, visto come uno spazio intermedio tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Mentre gli spiriti o gli dei della natura sono spesso rappresentati da sculture antropomorfe in legno o in terra, gli spiriti degli antenati sono presenti solo tra le persone viventi attraverso
l'intervento delle maschere. È tuttavia necessario sfumare questa dicotomia che associa gli antenati alle maschere e gli dei con statue, nella misura in cui diversi elementi delle maschere
possono anche rappresentare divinità o spiriti della natura.
Le agbogho mmanwu, o le maschere delle ragazze, sono già un affare più serio, se non altro per quello che simboleggiano, vale a dire l'insieme di qualità che una giovane donna deve
idealmente possedere. Indossati dagli uomini sui vent'anni, questi graziosi personaggi femminili dalla faccia bianca sono simbolicamente opposti alle maschere maschili pesanti, scure e cornute
del tipo mgbedike ("tempo dei coraggiosi") indossate da vigorosi uomini di mezza età. Gli anziani indossano le maschere più terrificanti e potenti: Chiamati Afo mmuo ("spiriti
maligni"), in passato erano i veri detentori del potere politico e giudiziario.
L'agbogho mmanwu è una maschera femminile (come l'esempio riportato a fianco) ed esalta le qualità fisiche della donna così come quelle morali, ma incarnano pienamente anche il
potere degli antenati. Simbolo del defunto, il colore bianco che ricopre il viso ricorda la purezza che emana dal caolino rituale ed evoca la bellezza femminile - le donne di colore chiaro sono
infatti preferite come mogli.
Le maschere di queste ragazze sono caratterizzate da esagerazioni, sia per quanto riguarda i loro tratti facciali, sia per il modo in cui sono coreografate. L'idealizzazione della bellezza
delle donne è messa in scena in un modo molto teatrale, anche perché sono indossate da uomini che cercano di imitare gesti e grazia femminili.
Allo stesso modo, gli scultori generalmente evidenziano fortemente il contorno degli occhi, il naso e la bocca di queste maschere con il nero, per farli risaltare di più sullo sfondo chiaro del viso. Gli scultori sfoggiano anche il loro virtuosismo artistico dando alle loro creazioni elaborate e
stravaganti pettinature, che sono molto più complesse di qualsiasi altra.
La maschera femminile agbogho mmanwu è inoltre concettualmente e formalmente contraria al tipo di maschera maschile mgbedike. Il primo indossa un costume luccicante, mentre il
secondo indossa stracci ed è decorato con spine d'istrice. La faccia bianca della prima e le sue proporzioni realistiche contrasta nettamente con la testa scura della seconda, le sue
dimensioni sproporzionate e la sua faccia sfigurata con denti immensi. Il personaggio femminile enfatizza le superbe pettinature femminili, mentre il maschio ha più corna di antilope. Le
caratteristiche di questi due tipi di maschere, simbolicamente opposte l'una all'altra ma complementari, sono una testimonianza della natura profondamente dualistica del pensiero Igbo e una
concezione del mondo a cui i loro proverbi alludono esplicitamente: "Ihe kwuru ik akwudebe ya" (Quando qualcosa esiste, un'altra cosa esiste al suo fianco).
Un altra maschera conosciuta è quella riportata sotto, una "maschera igname" o Ifogu, tipica della tribù Igbo Afikpo della Nigeria. E' una maschera composta come un machete con tre elementi tubolari, uno al centro della fronte e due che formano la bocca e il naso. Il dettaglio in alto a forma di falce rappresenta il coltello usato per le colture di igname, mentre la faccia della maschera è una miscela di elementi animali e umani. Questo tipo di maschera veniva usato nei rituali correlati alla raccolta dell'igname.
Nella parte nord-est del territorio degli Igbo, vivono gli Igbo-Izi che utilizzano la maschera riportata a lato chiamata Ogbodo, rappresentante lo spirito di un elefante (tipiche sono le zanne stilizzate) che viene utilizzata con funzioni apotropaiche.
puoi contattarmi scrivendomi una e-mail al mio indirizzo: giovanni_frigo@hotmail.com
o mandando un messaggio al:
349 366 6075